“U mmitu” in California
A Rossano, negli anni cinquanta, il diciannove marzo giorno di san Giuseppe, si praticava ancora la meravigliosa consuetudine di “u mmitu”. Le famiglie agiate, dagli impiegati comunali in su, preparavano davanti a casa un fuoco a legna sotto un treppiede che supportava un pentolone affumicato più o meno grande. A san Giuseppe si cucinava sulla soglia di casa propria per chiunque ne avesse bisogno.
Il menù era limitato, pasta e ceci, ma vero cibo degli dei per i mendicanti e le centinaia di bambini miseri che sciamavano per i vicoli e che quel giorno pareva si moltiplicassero.
I meno facoltosi lessavano nel pentolone prima i ceci ai quali, una volta cotti, aggiungevano i tagliolini fatti in casa, allora la pasta dei poveri, poi cospargevano il tutto di pepe rosso sul quale versavano una padellata d’olio che già sfrigolava generose manciate d’aglio. I più abbienti invece preparavano lo stesso menù lessando i ditalini industriali, la pasta della jjazza, invece che i tagliolini e la padellata d’olio conteneva anche scaglie di baccalà rosse di pomodoro.
Una nuvola di profumo sceso dall’olimpo pareva invadere ogni vicolo.
Una volta pronto tutti si potevano servire. Ed io me ne servivo passando davanti alle case di numerose famiglie. Che sapore quelle minestre! E che attesa dell’arrivo di quel giorno di straordinaria abbondanza per tutti gli affamati del paese
Paiono tempi lontani e passati. Al mio paese questa tradizione è morta da tempo ma, purtroppo, la fame non è si è estinta come quella consuetudine, come qualche volta crediamo.
Essa comprime ancora lo stomaco a molti abitanti della terra, non solo del terzo e quinto mondo ma, anche nelle città che la pubblicità esibisce sempre luminose, prospere, pasciute, laddove non solo fanno dieta gli essere umani ma addirittura professano dietologi che si occupano della linea dei gatti. In California, ad esempio. Forse il paradigma universale del benessere.
Ed è proprio in California che Bruno Serato è arrivato un giorno emigrando da San Bonifacio, un paese del veronese. I suoi erano titolari di una modesta trattoria che avevano aperto con il ricavati di anni di emigrazione in Francia. Si, perché il Veneto sino a pochi decenni fa era una terra di forte emigrazione.
Voleva imparare l’inglese Bruno per poi usarlo e migliorare la sua condizione sociale ottimizzando la modesta trattoria di famiglia. Non aveva grandi mezzi però ed è così che, per mantenersi, ha iniziato come lavapiatti.
Era un ragazzo sveglio Bruno e ad un certo punto comprese che, forse, più che ritornare a San Bonifacio, poteva risolvere il problema della vita grama, qui, in California, nell’Eldorado del pianeta terra. Come a molti immigrati in Italia, in questi anni, a Bruno è riuscito di scalare i gradini del benessere col duro lavoro, con l’inventiva e la genialità in cucina. Lentamente, da lavapiatti ha cominciato a cucinare vincendo facilmente la sfida con le mille stomachevoli friggitorie di hamburger e pollo fritto per, infine, sviluppare a vista d’occhio un ristorante tutto suo, e che ristorante!: l’Anaheim White House che ha fatto leccare i baffi a VIP come Gwen Stefani, David Beckham, Madonna, Jimmy Carter, George W. Bush, Danny De Vito.
Ormai pienamente realizzato, Bruno come a molti accade, sentiva rodergli dentro qualcosa di indefinito che non capiva e che lo disturbava. Lo aiutò a decifrarlo un missionario di passaggio che venne a salutarlo perché suo paesano. Quel manovale della carità gli disse che Dio ama i ricchi ma, apprezza la loro esistenza soltanto quando sono consapevoli e conseguenti della società ingiusta in cui vivono e dell’ignobile povertà di troppi.
L’opera la completò sua madre quel giorno che condivise con lui la strana situazione, per essere in California, di un ricovero per ragazzi e famiglie povere dove però non si poteva cucinare. Quegli straccioni, in maggioranza immigrati sud americani e negri, sopravvivevano nutrendosi di poco pane e di disgustose scatolette. Gli disse la madre: “prepara loro una pasta asciutta.”.
E fu così che a Bruno venne in mente, senza nulla saperne di Rossano, di organizzare “u mmitu” in California. Non soltanto il diciannove marzo, ma ogni giorno.
Bruno si accorda con il “Boys and girls Club”, un centro di solidarietà per minori in difficoltà, e prepara per trecento bambini e ragazzi, ogni pomeriggio alle cinque, montagne di spaghetti al pomodoro, ma anche fusilli, penne. E ciò accade ormai da numerosi anni durante i quali, spaghetti dopo spaghetti, “uncle Bruno“. Come lo chiamano i suoi ragazzi , ne ha avviati molti di loro al lavoro e ad una vita dignitosa.
Qualche anno fa, La famosa Cnn, lo ha inserito nella classifica delle prime venti persone che nel loro quotidiano cambiano il mondo in meglio.
Si può! Anche con gli spaghetti al pomodoro.
Il suo consiglio a coloro che sentono che manca loro qualcosa Bruno Serato dice: “Agisci. Alzati la mattina e fai qualcosa. Se non ci sono bambini da sfamare, vai in una casa di riposo, prenditi cura di un anziano, dagli un bicchiere d’acqua, fagli una carezza. Ma fallo! Un gesto è importante. Invece di camminare a testa bassa senza salutare nessuno, agisci tu per primo, saluta, dai il buon giorno, sorridi.”
Grazie, “uncle Bruno”.
Rolando Rizzo
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