UN FRANCESCANO AVVENTISTA
A Ferrandina, in provincia di Matera, c’è via Domenico Bellocchio.
E’ forse l’unica strada in Italia dedicata ad un avventista del 7° giorno. Ho scoperto proprio oggi su FB un’associazione culturale DOMENICO BELLOCCHIO che ha una sua pagina qui.
Al suo funerale celebrati nella piazza del paese, era presente il presidente della provincia che lo ha definito: “una luce, una speranza, un punto di riferimento, in un mondo consumistico e senza meta”.
Sono andato a trovarlo una volta; la misera abitazione era luminosa di umanità. Parlammo a lungo. Mi fece arrossire quando mestamente mi disse: “vorrei avere il tuo stile nella scrittura.” Gli risposi: “Io il tuo nei confronti della vita.” Sorrise, mite come sempre.
Mimì, per gli amici intimi, il professore, come lo chiamavano i paesani, era un poeta ma soprattutto una grande anima, che trovava gioia naturale nel dare. Era un autodidatta che conosceva il francese, l’inglese, il russo, lo spagnolo, il tedesco…Il suo amore per la conoscenza lo portò ad accumularne tanta che era capace di preparare agli esami ragazzi del liceo classico come del nautico senza mai trarre dalle migliaia di lezioni che dava nulla più che il necessario per vivere: il suo necessario! Viveva in cima al paese in un monolocale pieno di libri, in un angolo un cucinino, buono per preparare una minestra al giorno; per il resto pane e pomodori o fichi, qualche volta pane e formaggio.
Ha scritto commedie in vernacolo recitate nelle feste paesane.
Dava lezioni soprattutto ai poveri ai quali non chiedeva nulla; accettava quasi sempre doni in natura per le sue minestre. Ha invogliato centinaia di giovani che andavano da lui per essere promossi alle medie a continuare gli studi, sino all’università. Numerosissimi i figli di povera gente che da lui soccorsi e incoraggiati, si sono poi laureati.
Con il suo sorriso mite, parlava del Signore gioiosamente; molti i giovani che con lui hanno scoperto la fede, un certo numero sono diventati avventisti.
Una delle ultime sue poesia recita:
Come d’autunno cadon le foglie
Da un albero stanco
Così vola lontano
Ogni umana speranza ed ogni sogno
Della mia solitaria gioventù.
Solo un germoglio non si secca ancora
Anzi verdeggia in me continuamente…
Raggio di stella, celeste speranza
Che un nuovo mondo schiude agli occhi miei
Che contemplan le glorie di lassù.
Quando cominciò a non essere più autosufficiente, la chiesa pensò alla casa di riposo, tre famiglie vollero prenderlo con sé una volta uscito dall’ospedale dove era stato ricoverato. Ma chi aveva dato tutto nella vita non poteva terminarla ricevendo, e così all’improvviso si spense come una candela accarezzata da un refolo di vento.
Scrisse di lui alla sua morte:
Riposa Mimì, dolce menestrello lucano; noi commossi dalla tua vita d’amore, quanti abbiamo conosciuto la verità dal tuo esempio, non ti piangiamo. Non si piange chi ha amato con la tua serenità, chi è stato capace di commuoversi alla visione del sole che rischiarava il suo fiume, chi ha chiuso gli occhi come te illuminato dalla speranza di Cristo il Signore.
Ritornerà il tuo sole a giocare con i tuoi ulivi, ritornerai a bagnare i tuoi piedi nel Basento pulito della tua infanzia.
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