Valutazioni critiche a Cieli Tamarri

 

Carissimo Rolando,

avevo accettato, di buon grado, il tuo cortese invito a presentare come correlatore, assieme a stimati amici, il tuo recente libro per lunedì 17, presso il Liceo Scientifico di Rossano. Ma, per una serie di motivi e impegni familiari indifferibili non potrò esserci, perché trattenuto da alcuni giorni fuori sede, dove dovrò fermarmi ancora per un po’ di tempo. Ne sono fortemente dispiaciuto, sia perché non potrò presenziare all’epifania della tua ultima creatura sia perché mi avrebbe fatto enorme piacere dare il mio modesto contributo al dibattito per intus legere nei 15 racconti della tua opera “Cieli tamarri. La comunione dei numeri ultimi”, edita da Pellegrino.

Anche questa tua fatica “narrativa” ultima (ma non ultima, ne sono certo), come i precedenti romanzi (Il mulino sul Colognati, Il viaggiatore, Il terzo treno), con i quali costituisce una tetralogia affascinante, mi ha coinvolto sia sul piano emozionale e culturale, sia nella lettura e nelle conseguenti pause di riflessione.

Ancora una volta hai saputo magistralmente fare sintesi (e la cosa non è facile !) di micro-storia dei soggetti sociali invisibili della nostra Rossano, di invenzione ed estro narrativi, di memoria del ritorno che salva dal nulla della dimenticanza.

Il libro mette in evidenza la tua storia personale, che si eleva a testimonianza della storia collettiva dei tanti Rossanesi e Meridionali che, per bisogno o scelta di vita, hanno preso la vita dell’ esodo e pur lontani e radicati altrove sentono il bisogno struggente del ritorno.

Un ritorno il tuo sognato, desiderato, ma, consapevole dell’impossibilità reale, attuato e vissuto soltanto attraverso la memoria, che ti fa ripercorrere a ritroso tempi passati, luoghi e persone della città di origine, della Rossano della tua infanzia (“povera, durissima e meravigliosa”), con le sue luci, i suoi chiaroscuri, le sue tragedie e le sue povertà materiali e umane …, della Rossano di altri tempi, quella di appena qualche decennio fa…, della Rossano che tu definisci “acrocòro ignobile e sublime”, dove hai “assaporato il miele e il fiele della vita”.

Eppure con la forza evocativa della memoria e con la parola penetrante della narrazione riesci, caro Rolando, a ri-dare visibilità agli invisibili, ai dimenticati, agli scarti umani, agli esclusi dalla macro-storia, quella scritta dai vincitori, dai potenti e prepotenti che, togliendo tutto ai perdenti, anche il ricordo e la parola, hanno arraffato tutto.

Hai rivisitato quel mondo e lo hai riconsegnato a coloro che – fortunati – leggeranno il tuo libro.

Mi e ci hai fatto tornare in mente tutto quello che caratterizzava la tua, la mia, la nostra Rossano che non c’è più.

Senza le rievocazioni del tuo libro, il buco nero dell’oblio, della dimenticanza, avrebbe fagocitato e fatti scomparire per sempre tanti personaggi cosiddetti minori, quelli che tu chiami “numeri ultimi”, veri e propri tipi umani, come Totonno ‘e Razzotti ‘u Vangelisto e la sorella Loretta ‘a Gurpidda, Dàviro ‘e Strhampalario, ‘u Pitisso e Pepponcino proprietari di famose e frequentate cantine, Giuvanno foco ara cura, mastrho Ninnuzzo eru quarticeddo, Ciccio ‘e Malanima, Viruzza ‘a Menzacapa, Gazziedda ‘a ciota, Ciccio ‘e Pascareddo, don Cucuzzeddo, don Sperone, Gennarino, Minicuzzo, Vavanno, Turiddo, Siroro, ma anche tanti luoghi un tempo pieni di vita e di contrasti, come Santanario, ‘ i Steri, ‘u Cozzo, Pente, Santu Vraso, Cigghio era Turra, San Giovunni, ‘u Mure ‘e Fosse, Santu Marco, Vallone del grano, Bancato, Santa Maragrazzia ecc.

Questo tuo lavoro letterario, tra i tanti pregi, può annoverare di avere restituito la vita a quegli ultimi”, “personaggi veramente vissuti”, “sfiorati da bambino”, e di averli eternizzati grazie al tuo libro, perché i libri e la memoria scritta vincono laicamente la morte e affermano il primato della vita.

Hai riconsegnato quegli ultimi alla memoria collettiva del presente e del futuro.

Hai nobilitato il loro “dialetto meraviglioso”, che è la lingua parlata del popolo, la quale, grazie al tuo libro, è diventato lingua letteraria.

Hai raccontato le loro storie fatte di un’umanità dolente e vera, senza gli orpelli della retorica dei vincitori, e li hai resi protagonisti della storia di un Dio minore, un Dio che non è la Provvidenza agostiniana e manzoniana, perché molto distratto e poco compassionevole, e lascia esclusivamente all’uomo singolo e associato il libero arbitrio di decidere del proprio destino.

Franco FilaretoHai raccontato le loro storie con un’impostazione laica, umana, realistica, senza lasciarti prendere dalla tentazione dei toni aspri ad effetto: le hai trasmesse a noi lettori con tocchi delicati e leggeri e con una forte suspence da libro noir, che coinvolgono il lettore nel percorso a 15 tappe sapientemente e abilmente tracciato dall’autore.

Ti ringrazio per il dono, bello e prezioso, che hai fatto alla tua gente e alla tua terra e auguro alla tua ultima creatura di camminare e restare nel cuore e nell’intelligenza dei lettori.

Con amicizia fraterna.

Franco Filareto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.