L’Apostata e l’apostasia

L’apostasia e l’apostata

 

apostatas Con questa parola si caratterizzano arbitrariamente cose assai diverse tra loro. Perfino un membro di chiesa che cambia idea e lascia una comunità per un’altra viene spesso definito “apostata”.

Il cristianesimo viene definito sovente apostata sulla base dei mutamenti nel suo credo originario, spesso immaginato più che conosciuto.

Una parte considerevole del mondo avventista identifica il tempo dell’apostasia con alcuni mutamenti avvenuti nella teoria e nella prassi ecclesiale riguardo la natura dell’uomo, l’abbandono del secondo comandamento e soprattutto l’abbandono del quarto.

Addirittura la santificazione della domenica al posto del sabato viene identificato con il marchio della bestia, ossia con la cessione spirituale di se stessi all’anticristo.

 

La mia convinzione profonda, la mia fierezza, oggi ancora più di prima, rimane quella secondo cui: la scoperta tutta avventista della natura del’uomo secondo la Bibbia è stata e rimane una scoperta liberatoria, rivoluzionaria e sensazionale a cui Oscar Culmann è giunto solo nel 1964, così Barth, Brunner, Piero Bensi prima della morte…

La mia fierezza, la mia gioia della grazia ricevuta che è l’integrità del decalogo, del dono incommensurabile del sabato, è anch’essa cresciuta nel tempo. Così come si è fortemente consolidata la convinzione che nessuno può permettersi di redigere un nuovo decalogo.

 

Oggi, sono certamente avventista più di prima, poiché maggiormente in grado di rendere ragione della comprensione avventista della Rivelazione.

 

Sull’uso facile della Parola apostasia però ho molte riserve e per numerose ragioni.

La prima ragione è che il credente ha il diritto dovere di testimoniare la sua comprensione della Verità, ma non quello di distribuire etichette sulla fede altrui. Dio soltanto ha il diritto di considerare qualcuno apostata.

La seconda ragione è che se apostata è colui che pensa e pratica cose sbagliate, apostati lo siamo tutti. Tutti, soprattutto verso la fine della vita, ci accorgiamo che abbiamo pensato e praticato una Verità limitata, manchevole.

Tutti, potessimo rivivere, imposteremmo molte cose della nostra vita diversamente. Tutti ci rammarichiamo degli errori fatti.

Io non credo che l’apostasia coincide con pensieri e pratica errate, ma essa prende corpo tutte le volte che qualcuno impone il proprio credo o cerca di farlo con la violenza.

 

La violenza soprattutto, è ciò che caratterizza, senza tema di smentite, l’apostasia.

 

Sin dalla fine del primo secolo e dagli inizi del secondo, il cristianesimo ha contenuto insegnamenti errati. Tutte le correnti cristiane già in epoca apostolica incorporarono errori dottrinali ma, sarebbe errato definire apostate quelle correnti. Poiché apostasia significa :allontanamento, abiura, rinnegamento, ripudio, sconfessione, tradimento…

Nella mia comprensione l’apostasia è tale soltanto quando ciò che si crede viene naturalmente associato al diritto di violenza. Poiché solo allora ci si allontana dalla verità centrale all’Evangelo che è l’amore e il diritto inalienabile alla libertà.

Tutto ciò non è sempre facilmente rilevabile nella Bibbia, ma in essa ha chiare fondamenta.

Le radici della libertà affondano nel quadro creativo; nel racconto (storico o teologico, poco importa riguardo questa tematica) della creazione e del peccato.

Al peccato nel quadro creativo è associata la morte, ma contrariamente a quanto molti pensano, se si rispetta il testo, la morte non è il giusto castigo, ma semplicemente la conseguenza della legittima possibilità di rifiutare Dio, la fonte della vita.

E Dio che da questa libera possibilità. La dimostrazione della sua legittimità è data dal fatto che Adamo ed Eva non muoiono non appena mangiato il frutto proibito, nemmeno muoiono l’anno dopo o il secolo dopo.

Genesi 5:5 afferma che: “tutto il tempo che Adamo visse fu di novecentotrent’anni; poi morì.”

Le cifre bibliche, non sempre sono utilizzate con l’attuale modalità cartesiana, ma simboliche o reali, nel caso specifico, esse vogliono comunque indicare un tempo lunghissimo e che la vita fu un dono, reale, pieno, gratuito, incondizionato… Non eterno ma libero.

 

La radici profonde della libertà, ritornano a rifulgere in Gesù Cristo, come carattere di Dio. Nella parabola del figliuol prodigo, il padre che rappresenta il Creatore non solo consente al figlio di vivere lontano da lui (superando la legge mosaica che permetteva la costrizione e la violenza), ma lo riempie di beni che, secondo la legge, non gli sarebbero toccati.

L’Apocalisse infatti non stigmatizza con forza gli errori dottrinali, ma le deviazioni che si impongono con la violenza. Due dei testi più utilizzati da noi avventisti sono certamente quelli di Daniele 7:25 e di Apocalisse 14:9:

 

Egli proferirà parole contro l’Altissimo, perseguiterà i santi dell’Altissimo con l’intento di sterminarli e penserà di mutare i tempi e la legge.

Seguì un terzo angelo, dicendo a gran voce: «Chiunque adora la bestia e la sua immagine, e ne prende il marchio sulla fronte o sulla mano…

 

In Daniele la dimensione violenza è assolutamente esplicita, in Apocalisse è figurata dal “marchio” che è però un doloroso e violento atto di appropriazione e di possesso.

In questi testi non è prevalente l’errore dottrinale, ma l’assolutismo e la violenza che l’accompagnano.

 

Scrive Ellen White: “Nessuno ha ancora ricevuto il marchio della bestia”— Evangelism, 234 (1899). {UG 128.9}
“L’osservanza della domenica non è ancora il marchio della bestia e non lo sarà fino a quando non sarà emanata una legge che obbligherà gli uomini ad adorare questo sabato idolatra.” — The S.D.A. Bible Commentary 7:977 (1899). {UG 128.10}
In altre parole, nessuno appartiene all’anticristo perché vive una dottrina sbagliata. Non è sempre facile riconoscere le dottrine rivelate da quelle create dalla storia, ma esse diventano demoniache tutte le volte che vengono imposte con la forza.

La chiesa cristiana, prima di Nicea non era anticristica; già la storia aveva prodotto degli ibridi. Dottrine estranea alla rivelazione bibliche era già state incorporate quasi sempre in perfetta buona fede. I grandi vescovi dei primi secoli erano in gran parte greci e non riuscirono a leggere la Bibbia scrollandosi di dosso i condizionamenti della loro cultura secolare. L’immortalità naturale dell’anima presto inquinò l’originalità biblica, ma non per questo quel cristianesimo poteva essere definito apostata.

 

Il cristianesimo, non il cattolicesimo romano, che ancora non esisteva, divenne anticristico nel 325 a Nicea, a poco più che 100 chilometri dall’attuale Ankara.

Fu Costantino detto il grande a spingere il cristianesimo nella braccia di Satana e non soprattutto perché favori la scelta domenicale su quella sabatica.

Costantino, nei fatti il primo papa della storia, convocò di autorità a Nicea e a spese dello stato tutti i vescovi del mondo per cercare l’unità della fede. Su 1800 nomi riuscirono a raggiungere Nicea solo 328 leader che restarono assieme 36 giorni  diretti dall’imperatore.

L’unità fu trovato nella redazione di un credo perfetto, in formulazioni cristologiche ineccepibili e con qualche grave errore quale quello che raccomanda il sabato al posto della domenica. Ma l’apostasia non si consumò negli errori dottrinali ma nell’assorbimento da parte del cristianesimo di tutto ciò che Gesù Cristo aveva rifiutato subito dopo il battesimo, nel deserto nelle tre tentazioni, e in tutto il suo ministero terreno: l’uso della forza come strumento di convinzione, la violenza come mezzo che giustifica il fine.

Le delibere del Concilio sulla natura di Cristo, ad esempio, confutarono giustamente le dottrine del vescovo Ario, ma pur affermando una verità biblicamente ineccepibile, il cristianesimo divenne un qualsiasi potere mondano poiché i libri di Ario furono bruciati, Ario fu esiliato e fu stabilita la pena di morte per chiunque avesse tentato di riaffermare il suo pensiero.

 

Un avventista pensa ed agisce legittimamente quando testimonia le verità tipiche dell’avventismo. Personalmente Lo faccio da 50 anni in forme variegate, ultimamente soprattutto attraverso la narrativa e la poesia.

Sbaglia grandemente però chiunque si permette di dare patente di apostasia a chi pur credendo in Gesù Cristo e nell’autorità delle Scritture arriva a conclusioni diverse sul sabato o su altro.

Il brano di apocalisse 14:12  “Qui è la costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù.” Può essere letto in maniere diverse da come legittimamente noi lo leggiamo.

 

I valdesi prima e Lutero poi conoscevano certo quel brano. Ciononostante sono arrivati a ritenere necessario il ripristino del secondo comandamento ma non del quarto. Credevano in Cristo e nelle Scritture, hanno rischiato e dato la vita per quelle Scritture. Molti sono stati torturati, sgozzati e non hanno ripudiato quelle Scritture, ma Apo. 14.12 l’hanno letta diversamente. Considerarli apostati sarebbe semplicemente assurdo. Allora come oggi.

Gli Ugonotti, gli Albigesi, i Catari…Tutte le credenze dei movimenti che si opposero al romanesimo, e che giustamente esaltiamo per il loro coraggio e la loro determinazione a riportare il cristianesimo sotto l’autorità della parola di Dio, se esaminate accuratamente contengono non lievi errori dottrinali…Essi però non furono apostati, al contrario spesero l’esistenza contro l’apostasia.

 

Oggi che molto tempo è passato parrebbe dover essere semplice avere tutti le medesime credenze, ma non è così e non è la mala fede ciò che lo impedisce. I fattori sono sovente altri, ma qui inizierebbe un altro articolo, che pubblicheremo tra qualche giorno.

 

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